4. Dubbi
- August 15th, 2015
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- Francy_Scalliver
La solitudine ormai era diventata una condizione inevitabile nella vita di Draco, solitudine che sembrava essere l’unica cosa che gli faceva compagnia nella sua vita di tutti i giorni. Camminava nei corridoi, cercando quelli deserti per non sentire su di sé gli sguardi degli altri, che lo colpevolizzavano e lo giudicavano, sempre negativamente, per tutto quello che aveva fatto, ma anche solo per il cognome che portava.
Ogni sguardo alimentava il ghiaccio che nascondeva la sua anima, che la voleva proteggere.
Pensava spesso alla Dama Bianca, pensava al suo tocco e al fatto, innegabile, che l’unica persona, o meglio cosa, che si era interessata a lui senza giudicarlo era un fantasma e come tale non poteva offrirgli il conforto di cui aveva bisogno.
Ma lei non era stata in grado di farlo nonostante tutto?
Era un fantasma in grado di toccare gli oggetti, di trasmettere calore. E lui non riusciva a capire come lei potesse farlo. Insomma… un fantasma è aria, solo aria. È il surrogato di una persona, sono i ricordi che lo legano al mondo terreno, alla vita.
Lei però… era un’anima.
Un’anima che lottava ancora, seppur la morte aveva impedito al suo corpo di farlo.
Draco coninuò a camminare, tenendo le mani in tasca e senza guardare dietro di sé. Era diretto ovunque e allo stesso tempo da nessuna parte.
Voleva solo allontanarsi il più possibile da tutti.
I ricordi affollavano la sua mente. Le risa di suo padre mentre torturava un povero innocente, il pianto di sua madre quando era in una stanza e credeva di essere sola. La sua innocenza, nella quale era costretto a convivere con il male delle persone intorno a lui. Volevano che diventasse come suo padre, molti credevano che lui l'avesse già fatto.
Ma lui non era così.
Non lo sarebbe mai stato.
Le anime corrotte di tutte le persone che aveva intorno lo tormentavano ogni notte, nei suoi incubi. Credeva che nessuno potesse dargli una mano, nessuno potesse offrirgli il conforto di cui aveva bisogno.
Per lui ogni anima era corrotta.
Non poteva fidarsi di nessuno... nemmeno di se stesso.
I suoi passi risuonavano nei corridoi, sempre deserti, così simili a lui nella loro freddezza e in quella solitudine che voleva tenergli compagnia ad ogni costo. In quel momento avrebbe dovuto seguire la lezione di pozioni, ma, sinceramente, non aveva nessuna voglia di sentire sguardi carichi d'odio posarsi sulla sua figura, oltrepassare i vestiti, la sua pelle.
Graffiare il ghiaccio.
E lui non voleva sentirsi debole, non voleva essere in balia di quegli sguardi... che prima o poi sarebbero riusciti a oltrepassare la barriera che aveva costruito.
E preferiva la solitudine.
L'avrebbe preferita anche alla compagnia della Dama Bianca?
§ §
Hermione era in un'aula deserta, una delle numerose che aveva trovato vagando per il castello. Osservava i banchi, posizionati di fronte alla cattedra, le sedie perfettamente in ordine. Chissà che materia veniva insegnata lì. Sorrise amaramente, ricordando le lezioni che aveva seguito accanto a Harry e Ron, ricordando le risate, la felicità e la tristezza che ci sono in ogni amicizia.
Tutto quello le mancava da morire... ma lei era già morta.
Pensare che le sarebbe bastato andare da loro, parlargli per farsi riconoscere e... sentirsi di nuovo viva, riavere quella parte dell'anima che le era stata brutalmente tolta. Ma non poteva.
Quella promessa le faceva male più di ogni altra cosa.
Voleva mettersi ad urlare, lasciando uscire la frustrazione insieme a parole e parole. Voleva lanciare oggetti contro i muri, addosso a qualcuno. Voleva... voleva lasciarsi andare e piangere, sfogando tutta la tristezza, tutto il dolore.
Ma ogni spillo conficcato nella sua anima le avrebbe fatto male per sempre.
Lei lo sapeva, ma non voleva ammetterlo.
Chiuse gli occhi, fermandosi in mezzo alla stanza, rivolta verso la cattedra. Stava cercando di non pensare, di smettere di farsi male.
Di dimenticare tutto, ogni singola cosa.
Anche se non poteva.
Nella mente le apparvero nitidi i volti di Harry e Ron, dei suoi migliori amici. E lei voleva piangere. Quei volti venneri rapidamente sostituiti da quelli dei suoi genitori, che le sorridevano allegramente.
Ma la sua felicità era stata prosciugata, lei credeva che non sarebbe mai tornata.
Cacciò quelle immagini, per non provare dolore, per non pensare a tutto quello che aveva perso. Di fronte ai suoi occhi, ancora chiusi, tornò l'oscurità. Cominciò a respirare affannosamente e a tremare.
Il suo cuore sembrava sul punto di scoppiare per il dolore.
Sollevò piano le palpebre e tornò a fissare la cattedra. Sospirò, sapendo che non poteva cambiare le cose, non avrebbe mai potuto farlo. Chiuse nuovamente gli occhi, provando a svuotare la mente.
Da tutto e per sempre, possibilmente.
Ma vide una mano, sostituita da due occhi argentati, che sembravano freddi, gelidi, ma che, in realtà, le trasmisero calore.
Sentì un tuffo al cuore, mentre uno strano calore le scaldava il cuore.
Le apparve un volto, quel volto. E sorrise. Vedeva il viso di Draco Malfoy. Per un attimo si era sentita bene, come quando era viva e correva in biblioteca per una ricerca.
Per un attimo si era sentita ancora Hermione Granger, si era sentita se stessa.
Però... niente é per sempre.
Perché pensava a Draco? Perché diavolo pensava a lui? Non poteva toccarlo, abbracciarlo, baciarlo. Anche parlargli le era proibito.
Le sarebbe bastata la voglia di farlo, la forza.
Lui era lui. Ma cosa le importava? Lei era un fantasma! Cosa... cosa avevano in comune? Cosa poteva cambiare?
Perché tutto doveva essere così difficile?
Si dice che la vita ci sottoponga solo le prove che sappiamo affrontare...
e se lei non ne era in grado?
Già, perché la sua non era morte... era molto peggio.
Si prese la testa fra le mani, desiderando che quel dolore acuto smettesse, che il dolore svanisse per sempre.
Desiderando la morte, questa volta veramente.
Ansimava ancora, il cuore pulsava nel suo petto. E voleva urlare, per allontanare tutto. Definitivamente.
Questa volta lo fece.
Cominciò ad urlare con tutte le sue forze, con la testa tra le mani e gli occhi chiusi. Quell'urlo sembrò portare via tuto quello che provava, ma lei andò avanti a gridare.
Prendeva fiato e urlava.
Ancora e ancora.
E lasciava che tutta la sua anima vibrasse per abbandonare il dolore.
Almeno per dimenticarlo qualche istante.
§ §
Harry sussultò, come tutti. Era rimasto colpito da quel grido, che si era diffuso per tutto il castello, arrivando anche nell'aula di Trasfigurazione. Tutti erano immobili e ascoltavano. Il moro aveva la strana sensazione di aver già sentito quella voce. Gli sembrava quella della sua migliore amica, di Hermione, ma lei... lei era morta.
Come lui continuava a ripetersi.
Si girò verso Ron e capì che anche lui aveva pensato alla stessa cosa, allora abbassò lo sguardo. Non voleva dimostrarsi debole, non poteva. Soprattutto perché Ron lo credeva forte, credeva che lui avesse già superato la morte della Grifondoro.
Ma lui non era forte, cercava solo di sembrarlo.
Anche se era sempre sul punto di cedere.
Lui non l'avrebbe mai dimenticata, per niente al mondo.
§ §
Draco barcollò, aveva la vista annebbiata e un dolore lancinante alla testa e al petto. Camminava velocemente, cercando di correre, di allontanarsi da quel luogo orribile. Seguiva quella voce, quel grido straziante che sembrava una preghiera.
La stessa che avrebbe voluto fare lui.
Anche se non poteva.
Lui era un Malfoy, lui non si piegava di fronte a niente, non si lamentava mai. Non poteva farlo, era così e basta.
E quella voce sembrava parlare per lui.
Si teneva al muro, per camminare meglio, più velocemente. Mentre quella voce, la voce di una ragazza, che gli sembrava familiare, andava avanti a gridare.
Portando un pò di sollievo anche alla sua anima.
Sentì una fitta al petto, che lo costrinse a fermarsi. Chiuse con forza gli occhi, tentando di canalizzare le sue ultime energie per andare avanti, per raggiungere quella ragazza. Quel briciolo di sollievo che poteva dargli.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa perché quella voce appartenesse alla Dama Bianca.
E nel suo cuore sapeva che era così.
Ma in quel momento non aveva abbastanza forze.
Ricominciò a camminare, sempre usando come punto di riferimento quell'urlo, che mano a mano che avanzava si faceva sempre più acuto, più forte. E lui voleva raggiungerla.
Ne aveva bisogno.
Per la prima volta nella sua vita Draco Malfoy aveva bisogno di qualcuno oltre se stesso.
E non voleva più essere solo.
§ §
Hermione smise di urlare. Il suo respiro iniziò a tornare alla normalità, mentre il desiderio di sedersi per terra, con la schiena appoggiata al muro si faceva strada nella sua mente. Tolse le mani dalla testa e le lasciò ricadere lungo il suo corpo. E sorrise.
Per un attimo aveva provato tutto il sollievo che cercava.
Per un attimo quegli spilli avevano smesso di pungere.
Si guardò nuovamente intorno, con la speranza di vedere qualcuno, di poter smettere di sentirsi sola, di esserlo.
Per vedere lui.
Ma in quell'aula non c'era nessuno oltre lei. Abbassò lo sguardo, provando una strana sensazione che non riuscì ad identificare.
Era sola, e finalmente se ne rendeva conto.
Cominciò a respirare più lentamente cercando di cancellare tutto quello che si faceva largo nel suo cuore. Non voleva più stare male.
Ma non era lei che doveva decidere.
Cominciò a pensare a quell'urlo, a quel momento in cui aveva lasciato che ogni difesa crollasse come aveva lasciato tutto andare via, uscire lentamente dal suo cuore, dalla sua anima.
Ma ogni sensazione era pronta a tornare al suo posto, a tormentarla.
Era stata incoscente a farlo, almeno questo era quello che pensava dopo un'attenta riflessione. Non doveva parlare e lei si era addirittura messa ad urlare. Si era fatta sentire da tutta la scuola quando nemmeno una persona avrebbe dovuto ascoltare la sua voce.
Questa volta era nei guai.
Ma perché avrebbe dovuto sottostare alle regole della McGranitt? Perché era nella sua natura, ovviamente. E la professoressa aveva ragione, lei di questo era... era sicura.
O era solo un pretesto per non provare ad andare avanti ed aggrapparsi al passato?
La McGranitt cercava solo di fare quello che credeva il meglio per Hermione, quella che credeva la cosa giusta per rimettere le cose al posto giusto.
Ma non si era mai preoccupata di chiederle un'opinione.
E in quel modo era certo che tutto si sarebbe messo al suo posto?
In quel momento, immersa nei suoi pensieri, Hermione cominciava a dubitarne. E una cosa del genere non le era mai successa prima e non l'avrebbe mai pensata possibile.
Allora come mai continuava a pensarci?
Lei poteva parlare, poteva urlare... era persino riuscita a toccare Draco! Perché non poteva farlo? Per una regola che le sembrava ingiusta? Cominciava a credere che non ne valesse la pena.
Perché di vita ce n'é una sola.
E va vissuta al meglio.
Aveva seri dubbi su cosa avrebbe dovuto fare e cosa no. Seguire l'istinto o la ragione? Essere sincera o mentire? Fare quello che credeva lei o quello che credeva qualcun altro?
Essere se stessa o no?
Poteva mentire, poteva non farlo. Aveva queste opportunità e scegliere stava a lei, solamente a lei. Nessun altro aveva il diritto di farlo.
Perché quella che restava della sua vita le apparteneva.
E doveva viverla lei, fino alla fine.
Non le restava che fare la scelta più importante della sua vita.
§ §
-Te ne rendi conto, Albus?- domandò Minerva, guardando il quadro.
-Sapevi che sarebbe successo prima o poi...- rispose calmo il ritratto di Albus Silente.
-Come vorrei che tu fossi qui... almeno sapresti cosa fare...- sospirò, senza distogliere lo sguardo.
-Tu sai meglio di me la cosa che può aiutare la signorina Granger meglio di tutto il resto. Tu sai bene che non può stare senza parlare...- si toccò gli occhiali, lanciandole un'occhiata penetrante -La cosa migliore é lasciarle vivere la sua vita. Sai benissimo che non puoi, non devi, interferire-.
-Ormai é convinta che la sua vita sia finita!- esclamò indignata.
Niente é finito finché non si mette la parola fine.
-Lo capirà prima o poi... é una ragazza intelligente- il ritratto di Silente sparì.
La McGranitt sospirò, sedendosi alla sua cattedra. Parlava ogni giorno con il ritratto di Silente, con la speranza di sentirsi meglio. Ma non cambiava niente.
Dolore.
Sentiva solo quello.
§ §
-Ti dico che quella era la voce di Hermione!- urlò Ron, agitando le braccia.
-Ron, come poteva essere la voce di Hermione?- gli domandò Ginny, con una calma impressionante -Lei é...-.
-Ferma!- la bloccò il fratello -Non c'é bisogno che tu mi ricordi quello...- fece un respiro profondo, prima di continuare -Quello che é successo...-.
-Ron...- cominciò la rossa.
-No Ginny. Questa volta sono sicuro! Riconoscerei la sua voce tra mille! Era Hermione... io...- si lasciò cadere pesantemente sul divano, sedendosi. -Era Hermione... ne sono sicuro.- si portò la testa tra le mani, mentre gli occhi si inumidivano.
-Anch'io ho sentito quella voce, Ron...- la sorella lo guardò apprensiva -Non era Hermione.- concluse gettando un'occhiata ad Harry per ricevere un appoggio.
-Come fai a dirlo?- il rosso si girò verso di lei, guardandola con rabbia -Non la conosci abbastanza per esserne certa! Era Hermione, la nostra Hermione. La so-tutto-io che passava tutte le sue giornate in biblioteca ed a cercare di non far copiare i compiti a me e a Harry- riabbassò lo sguardo -Se... se avessi saputo che sarebbe successo questo... io...-.
-é morta Ron, ammettilo.- sussurrò Ginny. Ron gemette, mentre Harry iniziò a trattenere il fiato.
Perché una cosa fa più male quando la diciamo ad alta voce?
-Era Hermione...- ripeté, più per convincere se stesso che la sorella -Era lei...-.
-Ron non essere sciocco...-.
-L'ho sentita- Harry interruppe Ginny, facendo voltare entrambi verso di lui -E...- Ron lo guardò con gli occhi pieni di lacrime, mentre la sorella sbuffava seccata -Credo che...-.
-Cosa? Harry come puoi comportarti in questo modo?- gli chiese lei.
-In che modo? La mia migliore amica é morta Ginny. Cosa dovrei fare? Sto cercando di andare avanti e mi si presenta questa situazione. Se ho un minimo dubbio sulla sua morte, se ho la minima speranza che sia ancora viva... io mi ci aggrappo!- ansimava, cercando di trattenere le lacrime con tutte le sue forze.
-Fai come vuoi. Ma se ti farai più male di quanto già ne hai subito... non venire da me.- Ginny scosse la testa, guardandoli, prima di uscire dalla Sala Comune.
§ §
Hermione era rimasta in quella stanza, al buio. Sola. Era ancora in piedi, nella stessa posizione di prima, a riflettere, a pensare al modo migliore per andare avanti.
Perché lei doveva farlo, doveva andare avanti nonostante tutto.
Così aveva deciso di rimanere ferma in quel punto, per trovare una soluzione a tutti i problemi che la affliggevano e a tutto il dolore che provava.
Ma non era facile, e non lo sarebbe mai stato.
E siamo sicuri che fosse rimasta lì solo per quello?
O, inconsciamente, stava aspettando qualcuno?
Ma chi?
Sarebbe mai arrivato? O era destinata ad aspettarlo per ore, senza risultato?
§ §
Draco continuava a camminare, senza una destinazione apparente. Senza nemmeo quella voce, la sua voce, a guidarlo. Era solo e doveva, voleva, trovarla. Ne aveva bisogno. Così camminava, senza guardare dietro di sé, senza né la forza, né il coraggio di farlo.
Ma come mai sapeva esattamente dove andare se non aveva nessun riferimento?
Siamo sicuri che non ne avesse?
O era il suo cuore che voleva guidarlo?
Respirava affannosamente, cercando di restare calmo e non svenire, per la stanchezza e il dolore fisico che stava provando.
Perché era tutto così difficile?
Vide una porta e si aggrappò alla maniglia con tutte le sue forze. La girò lentamente, prima di spalancarla con forza, sperando di trovare qualcuno all'interno di quella stanza.
O lo sapeva? Era certo di trovare l'aiuto di cui aveva bisogno?
Per curare tutte le sue ferite.
Quelle del suo corpo e della sua anima.
Per placare il dolore.
Dentro e fuori.
Per tornare a vivere, per cominciare a farlo veramente.
§ §
Hermione sussultò, girandosi verso la porta che si apriva. Quello che vide la lasciò senza fiato. Si avvicinò alla persona he aveva aperto la porta, al ragazzo che era andato da lei.
Per caso o sapeva dove trovarla? Come farlo?
-Oddio...- riuscì a sussurrare, senza pensare alle conseguenze, senza badare ai suoi ragionamenti e a quelli della professoressa.
-Allora... allora parli...lo... lo sa... pe... vo...- riuscì a sussurrarle, prima di svenire.