0. Prologo


Draco Malfoy era strano da qualche giorno. Era guardingo e solitario, più di quanto un Serpeverde era di solito. Al Tavolo della sua Casa sedeva sempre con Tiger e Goyle, ormai da oltre sei anni, ma mentre i due parlavano, lui guardava fisso il suo piatto, senza mangiare nulla. Rovistava tra il cibo in continuazione, spostando da un lato all’altro una piccola ala di pollo.


I capelli biondissimi cercavano di illuminare quel viso cupo e serioso, ma con pochi risultati. Gli occhi grigi erano quasi impassibili, accesi solo da qualche lampo che lasciava intendere la rabbia che il ragazzo provava in quegli istanti. Il pugno stretto attorno alla forchetta non faceva altro che confermare l’idea che qualcosa non andasse in quel momento nella vita di Draco, qualcosa di cui non aveva parlato neanche ai suoi “migliori amici”, se così si potevano definire. Nessuno lì attorno sembrava accorgersene: tutto al tavolo dei Verde Argento sembrava normale.


Per un attimo, Draco sollevò lo sguardo, osservando il tavolo dei Grifoni. Il suo sguardò si fermò per qualche impercettibile istante sul giovane che, a sua volta, lo stava osservando. Il Rosso Oro poté dire di aver letto negli occhi grigi del Serpeverde un velo di malinconia. Draco distolse immediatamente lo sguardo e tornò a spostare avanti e indietro quel pezzo di carne. Di colpo si fermò, alzandosi e facendo cenno a Tiger e Goyle di fare lo stesso. In pochi passi uscì dalla Sala Grande, senza neanche voltarsi.


Baryn rimase al tavolo ancora un po’. Quello sguardo gli aveva cambiato l’umore. Non che fosse troppo felice, negli ultimi giorni e sapeva benissimo da cosa dipendeva il tutto. Rispose con un cenno ed un sorriso a Demelza Robins, senza capire effettivamente cosa avesse detto quest’ultima. Sorrise ancora e si scusò, alzandosi dal tavolo. Afferrò la sua tracolla e, uscendo dalla Sala Grande, tirò fuori un piccolo foglio di pergamena e vi scrisse qualcosa. Prese la sua bacchetta e la puntò sul foglio.


«Wingardium Leviòsa!» Disse a mezza voce. Il pezzo di carta iniziò a sollevarsi. Rapidamente il Rosso Oro diresse la bacchetta verso Draco e fece in modo che il foglietto gli scivolasse impercettibile nella tasca. Draco si fermò per un istante e infilò una mano nel taschino. Disse ai due di precederlo nella Sala Comune di Serpeverde e tirò fuori la sua bacchetta.


«Aparecium!» Disse Malfoy puntando la bacchetta sul piccolo pezzo di pergamena. La breve frase era formata solamente da quattro parole: “Che cosa ti prende?” Draco agitò la bacchetta e la pergamena fu ridotta in cenere. Il biondo si diresse verso i corridoi che portavano ai sotterranei, mentre Baryn decise di tornare verso la Sala Comune di Grifondoro. Quel pomeriggio ci sarebbe stato l’allenamento di Quidditch, il che gli ricordava che Draco aveva rinunciato a giocare nella squadra. In realtà, da quando il Ministero aveva dato notizia del ritorno del Signore Oscuro, Draco aveva rinunciato a molte cose. Passava molto del suo tempo in solitudine, mentre cercava di nascondere a chiunque i suoi turbamenti interiori.


Prese tutto il necessario e si diresse verso il campo di Quidditch. La storia ricalca i giorni di Draco durante il Sesto Anno a Hogwarts e quelli di Baryn Hunt, studente dello stesso anno di Grifondoro.
I due si ritrovano a guardarsi da lontano, a far finta di nulla, a sfidarsi. Il principio di tutto quest'astio? ...

Era presto e nello spogliatoio non c’era ancora nessuno. Baryn tolse la cravatta e la camicia e si sedette sulla panca di legno con il viso tra le mani. Era deconcentrato, estremamente nervoso e avrebbe volentieri preso a pugni qualcuno, pur di sfogarsi: lo scopo dell’allenamento era quello, ormai: non gli interessava molto di giocare, voleva solo dare sfogo a tutta la rabbia che aveva dentro. Dalle finestre ad arco, la luce entrava e illuminava la sua muscolatura tesa e definita e, alla base del collo, il piccolo tatuaggio dalla forma strana e articolata. Sembrava una fiamma stilizzata in dodici segmenti minuscoli ma netti al punto da distinguersi piuttosto bene, che terminavano con altri quattro piccolissime righe che si avvicinavano quasi a formare un quadrilatero. L’aveva fatto prima dell’estate e sembrava proprio quello il momento in cui tutto aveva iniziato a precipitare.


Baryn sfiorò il tatuaggio, e pensando al suo significato la rabbia crebbe a dismisura: tirò un pugno nel muro e rimase lì fermo per qualche istante. Chiuse gli occhi e regolarizzò il respiro, mentre qualche goccia di sudore iniziava ad imperlargli la fronte. Si passò l’asciugamano e lo ripose nella sacca: era insolito che qualcuno fosse già sudato prima degli allenamenti. Indossò la divisa Rosso Oro proprio un attimo che i suoi compagni di squadra si presentassero. Li salutò con un sorriso e cercò di concentrarsi sugli allenamenti di Quidditch.


“Fanculo, Malfoy”, pensò tra sé e sé.