Io voglio vivere
- September 2nd, 2014
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- Gabriel_Master
Remus non riesce a capire perché Ninfadora voglia stare con lui e cerca di dissuaderla, ma una frase della strega lo fa riflettere. Forse Tonks sa davvero cosa vuole.
Ma sulla pelle mia,
io voglio amare e farmi male
voglio morire di te.
Nomadi, Io voglio vivere]
Io voglio vivere
By Jillien
Nella tana dell’Ordine, oramai, tutti erano abituati alle urla di Tonks e alla voce pacata di Remus, soprattutto mentre si intrecciavano insieme dando luogo a un connubio non esattamente melodico.
Sembrava che la dichiarazione di Fleur avesse dato un nuovo vigore a Tonks, talmente tanto da convincerla a provare un’ultima volta a far ragionare Remus, a convincerlo che, davvero, lei sapeva a cosa andava incontro amandolo. Forse poteva sembrare una mancanza di rispetto per Silente, lui che era morto – assassinato – da così poco tempo. Eppure Tonks era fermamente convinta che, se il vecchio mago fosse stato lì presente, le avrebbe dato manforte per far capitolare il licantropo. Proprio lui che si presentava sempre con questa ridicola ossessione dell’amore; la strega ne era certa: non gli sarebbe dispiaciuto vederla combattere per i suoi sentimenti, invece che stare a piangere sulla nuda pietra della sua -presto- tomba. Non che non l’avrebbe fatto, certo, non appena fosse riuscita a convincere Remus che non era un mostro da odiare.
“Tu non capisci!”
L’esclamazione roca di Remus rimbalzò sulle pareti di Grimmauld Place, per poi spegnersi in un soffio sulle mura di pietra. Il mago si premette la mano sugli occhi per l’ennesima volta, per cercare di scacciare il bruciore della stanchezza.
O per non vedere come soffre lei?
“Cosa? Cosa non capisco? Che pensi di sapere cosa sia meglio per me o che ti senti una dannata vittima?” sibilò, gli occhi lucidi di lacrime nervose.
Oh no, questa volta non si piange.
“Ninfadora, io sono una vittima! E lo saresti anche tu!” La voce tremava appena mentre cercava di farla ragionare. Non era mai stato tipo da alzare la voce, mai; né quando si arrabbiava, né quando cercava di far smettere James e Sirius di infastidire Piton.
“Quante volte ti devo dire che non m’importa! Dannazione Remus, come diavolo faccio a convincerti?! Persino quella francese con la puzza sotto il nas-”
“Bill non è stato morso, non è un maledetto licantropo!” esclamò nervoso. “Io sì, un assassino una notte al mese. Per una volta al mese, per tutta questa dannata vita, sarò una bestia assetata di sangue. Tre anni fa ho attaccato Sirius, il mio più vecchio amico!” Remus si avvicinò alla donna, alzò una mano e delicatamente le sfiorò una guancia con la punta delle dita, disegnando i contorni degli zigomi, seguendo il profilo delle guance un po’ scavate.
Scavate da quando l’hai respinta.
“Se mi permettessi di cedere soffrirei, perché ti farei del male” sussurrò, cercando di farla ragionare. Lo schiocco di carne contro carne rimbombò tra le pareti di pietra. Remus ritirò la mano, accarezzandola poi lentamente sul dorso; non che gli avesse fatto male, certo, ci voleva ben altro per ferire un licantropo. Tuttavia il gesto della donna l’aveva colpito più della violenza dello schiaffo.
“Allora voglio amare e farmi male!” gli urlò contro, i capelli che viravano minacciosamente verso un blu tempesta. Si passò una mano sugli occhi per raccogliere le lacrime che minacciavano di scappare dalla gabbia delle ciglia. “Non mi importa di quello che dici, Remus. So perfettamente quello che voglio. Te, con tutti i pro, i contro e i peli con la luna piena” gli disse con un tono più controllato. Non fece nemmeno in tempo a meravigliarsi per il ritorno dei suoi poteri che Remus la strinse dolorosamente tra le braccia.
“Con te mi sento vittima e carceriere, Dora. Io non voglio rinchiuderti con questa bestia; potresti farti male sul serio. Potresti morire”. Le parole uscirono in un soffio vicino al suo orecchio, da dove i capelli lottarono per riuscire a cambiare colore sfumandosi di un colore più chiaro.
“In questo caso voglio morire di te. Sarebbe una morte dolce se l’accostiamo a quella che mi darebbe la mia cara zia”. Gli circondò le spalle con le braccia esili, d’un tratto tutto le sembrò semplicemente troppo.
“Non mi importa, Remus. Non mi importa, non mi importa…” L’uomo le accarezzò delicatamente i capelli sulla nuca, sperando con tutto se stesso di poter rivedere il rosa che amava tanto.
“Lo so, Dora. Che io sia dannato, lo so e mi dispiace ma non posso farci nulla perché voglio amare.” La liberò dalla gabbia dolorosamente accogliente che erano diventate le sue braccia e posò le labbra tramanti e screpolate sulle sue. Mentre le labbra di Tonks si curvavano lievemente e una singola lacrima si faceva strada sul suo viso, le balenò davanti agli occhi chiusi il volto di Albus che le sorrideva con calore.
Grazie.
libero l'istinto, ciò che mi sostiene
emozione nuova senza nome
la ragione che ci invita a continuare]